Op. 63, for string orchestra

Title: untitled
Opus number: Op. 63
Instrumentation:  String Orchestra (min. 5.4.3.2.1)
Performance duration: 27’00”
Year of composition: 2019
Premiere: May, 7th 2019. Palazzina Liberty, Milano. XXVII Stagione di Milano Classica “Geni Italiani”. Performers: Ensemble Testori conducted by Diego Ceretta.
Program notes: (ENG) In my scores I usually rely on regulatory principles and mathematical tools to shape some elements of Western music heritage so that some external processes result in unforeseeable effects I can finally explore and select. In doing so, I not only try to end up with something wonderful, but I look for being wondered myself. Above all, such an approach willingly put me in the position of an artist-discoverer, quite distant from the more conventional one of the artist-creator. My wonder is the result of something I could not totally predict, so I do feel that my techniques lead me to ‘find’ something beautiful in the vastness of music possibilities more than to ‘create’ it. Thus the title of my doctoral concert: limiti e meraviglia, constraints and wonder. This view of Platonic heritage met in the 20th Century the discourse of Ernst Hans Josef Gombrich who put it in a clear relation with the mathematics of combinatorics. In his essay titled Freud’s Aesthetics (1966), he wrote: «There is an element in all art – and certainly in all Western art – which might for brevity’s sake be called the “cat’s cradle” element. Art […] is born of art. The young artist takes over the game from his predecessors and as he does so he introduces variations. In Western communities, at least, art has thus become a social game played among artists and the pattern that emerges with each move owes at least as much to the moves that have gone before as it owes to the ingenious variations introduced by the present player. […] There must be (and there are) procedures in science and engineering where some medium or model is used for trying out structures through analogies and where techniques of systematic variation and permutation are used to discover fresh possibilities.» In Verbal Wit as a Paradigm of Art: The Aesthetic Theories of Sigmund Freud (1984) he continues: «I like to insist on the formulation that the artist must be a discoverer. Just as the verbal joke is discovered in the language, so the masters of other artistic media find their effects prefigured in the language of style.» In this context, in Op. 63 I particularly investigated new regulatory principles to deal with triads and diatonic scales confronting with a large form. (Giovanni Albini) (ITA) Le procedure della combinatoria quali strumenti di conoscenza ed esplorazione di nuove possibilità artistiche hanno una tradizione antica. Dalla Dissertatio de Arte Combinatoria di Leibniz alle tecniche di scrittura vincolata dell’OuLiPo (l’Ouvroir de Littérature Potentielle di Raymond Queneau e François Le Lionnais), fino alle ‘liste’ musicali di Tom Johnson, la matematica ha costituito e costituisce per l’arte un luogo privilegiato di scoperta. Ai limiti imposti dalla formalizzazione si contrappone la meraviglia della creazione. E nel rigoroso meccanismo guidato da leggi autonome, l’artista stesso partecipa allo stupore a fronte delle opere generate. Al limite si contrappone la meraviglia. Italo Calvino, in Cibernetica e Fantasmi (1967-68), descrive bene il valore archetipico delle tecniche combinatorie nella pratica artistica: «è il piacere infantile del gioco combinatorio che spinge il pittore a sperimentare disposizioni di linee e colori e il poeta a sperimentare accostamenti di parole; a un certo punto scatta il dispositivo per cui una delle combinazioni ottenute seguendo il loro meccanismo autonomo, indipendentemente da ogni ricerca di significato o effetto su un altro piano, si carica di un significato inatteso o d’un effetto imprevisto, cui la coscienza non sarebbe mai arrivata intenzionalmente. […] La macchina […] può effettuare tutte le permutazioni possibili di un dato materiale; ma il risultato poetico sarà l’effetto particolare d’una di queste permutazioni sull’uomo […], sarà lo shock che si verifica solo in quanto attorno alla macchina scrivente esistono i fantasmi nascosti dell’individuo e della società.» Il riferimento di Calvino sono dichiaratamente le idee espresse in un saggio pubblicato l’anno precedente dallo storico dell’arte Ernst Gombrich, che in L’Estetica di Freud (1966) scrive che l’arte «nasce dall’arte. Il giovane artista subentra nel gioco ai suoi predecessori e, così facendo, vi introduce delle variazioni. […] Ci devono essere – e ci sono – nella scienza e nella tecnica processi nei quali si usa qualche mezzo o modello per saggiare le strutture per via analogica e nei quali si adoperano tecniche di variazione e permutazione sistematica per scoprire nuove possibilità.» Nel solco di queste riflessioni si inserisce la mia estetica e la mia pratica quotidiana di compositore e ha preso vita la composizione della mia Op. 63 per archi. Ad interessarmi sono elementi musicali ossificati, ridotti ai loro tratti essenziali e astratti. Scale diatoniche, triadi, elementari condotte delle parti: le radici della musica occidentale. E il percorso controluce nella loro presentazione, un percorso maturato nello studio dei meccanismi combinatori che nascondono, che consenta di svelare e scegliere alcuni luoghi inaspettati delle loro potenzialità espressive. Nuovi meccanismi, nuove sintassi, nuovi percorsi. Mentre loro, pur straniati, continuano a vibrare di secoli di linguaggi, stili e storie. Di vita. Nella mia pratica compositiva cerco allora di astrarre la materia musicale della tradizione e di incastrarla in processi e geometrie altri. E mantenendone riconoscibili i tratti caratterizzanti di farne testimonianza concreta e durevole della nostra eredità culturale, facendo sì che nelle molteplici trasformazioni a cui è sottoposta possa conservare la sua forza e la sua identità: sopravvivere l’uomo e il tempo della storia. Contemporaneamente, cerco di ricomporla in una forma che si esprima nel tempo presente e vissuto e che quasi lo possa misurare e indagare. Un monumento del tempo e nel tempo. Forma e tempo si intrecciano allora in un nodo strettissimo, che quasi richiama l’antico e polivalente concetto di tuono di Zarlino e Doni: suono, ma anche altezza, tono, organizzazione di altezze e misura intervallare. (Giovanni Albini)
Full Score and Parts: ZIP, ISMN 979-0-705088-26-7 (REV 6/5/19). Available also at the Contemporary Music Score Collection of the UCLA Music Library (Open Access Publications from the University of California).
Pictures info: Images from the premiere in Milan.